Eutanasia subliminale.

C’è un limite che s’impone tra la soglia e il traguardo.

Credo riuscirei a vivere sereno se d’intorno si componesse il vuoto, un sonno totale, liberatorio. Per qualche anno, almeno, poi chi lo sa…

Mi sta passando la voglia. O meglio, sono arrivato a un punto di non ritorno. Sono un comune. Una di quelle forme di vivere che ho da sempre sdegnato.
Un lamento perpetuo, un fallimento continuo. Un nulla con le gambe.

Se è vero che con l’eutanasia si muore, è probabilmente di eutanasia che soffre il mio io. Sono morto.

Lo ero già, ho scelto di smettere di vivere quando ho iniziato a non vivere in modo lineare, a non vivere la mia vita.
Mi sono costruito addosso un personaggio dai colori fragili e sono sbiadito. Sono un bianco e nero che fatica a cambiare diapositiva.

E pensare che la chiamano vita.

Devo andare via domani.

Vorrei ricominciare da capo, ma ho perso la voglia di scappare, l’entusiasmo di partire, la consapevolezza di tornare.

Chissà perch&egrave, ma anche questo è bene.

Falso allarme. Non ho proprio voglia di scrivere.

Non sei fatto per essere chi sei.

Credo, ne sono fermamente convinto, che nessuno sia in grado di dire né chi è, né cosa è stato messo qui a fare, né tantomeno possa insegnarlo agli altri.

Ci ho provato.

Ho provato a fare entrambe le cose, intendo dire. Certo non sempre con successo, no, decisamente no, anzi. Cazzate. Non ho mai capito chi sono, non ho mai nemmeno insegnato agli altri chi erano loro.
Diciamo piuttosto che con le parole mi ci divertivo parecchio, al punto da infagottare la gente con quelle fandonie buone che piacciono tanto a sentirle. Non dicevo a una persona chi era, ma chi secondo me ella voleva essere.
La realtà delle cose è invero più malleabile di quel che si possa pensare.

Non ho mai capito chi sono.

"Non so ancora cosa farò da grande"
"Per come ti sei buttato nella vita dei grandi, tu sei già grande"
"No, non…"
"Hai avuto fretta di crescere, se non torni indietro ora certe cose non potrai mai più farle"
"Le farò eccome cazzo!"
"Quando?!? Quando avrai trent’anni, responsabilità, figli, moglie, cazzi e mazzi?"

Lavoro. Sto gettando le basi per il mio lavoro. Il mio lavoro è la mia vita, questa è la scelta che, consapevole o meno, io ho fatto.

Lavoro, lavoro, lavoro, soldi a fine mese, rata della macchina da pagare, soldi per poter prendere in affitto un buco dove dormire ed essere indipendente, soldi per permettermi di mangiare fuori anche tutti i giorni, soldi per poter viaggiare. Più guidare che viaggiare, la destinazione non è mai fondamentale né mi auguro lo diventi mai.
Il lavoro è ciò per cui adesso sto vivendo. La mia vita privata, la mia ragazza, i miei amici, il mio svago sono tutte cose che sto cercando di affiancare al lavoro.

Sono forse malato?

Fatto sta che su questo ho costruito la mia identità. Io so rispondere se mi domandano chi sono perché il mio lavoro una definizione me l’ha attribuita. Sono un consulente commerciale. Un venditore. Uno stressato.
Se mi togli questo io chi sono?

Un fallito.

Non sono più neanche uno studente, perché se lo fossi sarei un ventenne con in tasca la terza media.

Un fallito.

"Tu non sei fatto per fare il venditore. Tu non hai le caratteristiche alla base di quello che è un venditore. Ho già problemi, non possiamo accollarci anche i tuoi. Cambia mestiere, fai quello che sai fare, rimani nelle cose tecniche."

Crisi di pianto, urlando a squarciagola mentre il tachimetro segnava i 200. Batto i pugni sul volante. Mi rimetto la faccia e torno da loro. La mia vera vita. Il mio paracadute.

E dunque, adesso, chi sono io?

Tre metri sotto terra

Ho già raggiunto un punto critico dopo a malapena un’ora.

Potessi mi butterei via.

Non mi sentivo così da almeno due anni.

Mi convincerò che va meglio così.

Ho bisogno di una marlboro. Rossa.

Sempre vicini, sempre lontani

"Quanto tempo…quante cose saran cambiate.
Dovrei ringraziare questa tecnologia, in qualche assurdo e alquanto imbarazzante modo mi fa sentire ancora un ragazzino, quello che si atteggia da figo, seduto in fondo alla classe con gli occhiali da sole. A pochi metri da te, a pochi metri dagli altri che hanno accompagnato un pezzo della mia vita. Uno dei più importanti probabilmente."

"E io ti ricordo ancora, proprio a pochi metri da me che fa lo bruffone che in fondo sei stato uno dei pochi veri compagni di quel periodo…Quado torni a trovarmi?"

"Non aspettarmi, se ti dicessi una data rischierei di dimenticarmela. Persone come me le hai sempre intorno e non le trovi mai allo stesso tempo. Prima o poi tornerò, questo è più che certo."

Inquisizioni.

"Luca confessami una cosa che non mi hai mai detto, poi te ne dirò io una"
"Non so, cosa devi dirmi tu?"
"Prima tu, dev’essere una grave però…per quella che ho da dirti io ti incazzerai molto"
"Va bene…uhm…ricordi quella del bacio di striscio, all’Apres, qualche mese fa? Ecco, era una mia ex"
"L’ho contattato"
"Marco?"
"Si"
"Su facebook, eh?"
"Si."

Yeah.

Non posso certo lamentarmi più di tanto. Lei sente che qualcosa è rimasto in sospeso…come biasimarla? Io provo la stessa medesima sensazione.
Se non fosse che oramai mi son rassegnato a sbattermene i coglioni e lasciar stare, con aliCe una chiacchierata me la farei volentieri. Succede così, mandi a fanculo una storia in zero due e poi più niente. ieri ti sparava dietro "ti amo" a mo’ di kalasnikov e oggi ti ha completamente rimosso, azzerato, non sei neanche un ricordo.

Bah. Che vadano a cagare entrambi, lui e aliCe.

Se risaltasse fuori avrei un bell’effetto vortex al cavallo dei pantaloni.

On my way back home

6 mesi.

Lo dicevo, ci scherzavo sopra, speravo sarebbe durata fino a tanto e pure oltre, ma si sa come va a finire, alla fine non dipende mai solo da me…o dipende solo da me, ma queste sono ipotesi ben lontane dalla storia con Frah.

Va bene, 6 mesi non sono ancora nulla, però sono sei mesi avendola qui tutti i giorni. Sono sei mesi tangibili, vissuti a pieno.

Fondamenta solide.

Più di ieri, meno di domani. Sempre più reale, ancor più vera.
Inizio quasi a sentirmene parte. Veramente.

Mi irrita pensare che lei sta con un imbecille senza carattere, perché sempre più questo sto diventando.
Anno nuovo vita vecchia, ricominciamo un po’ di rewind.

Per iniziare: pensostrano.

Se potrò darle di meglio, di meglio avrà.

Cenere e sangue a rivoli

So che posso sembrare uno stupido, sono le 3 e domani mi alzo alle 8, me ne rendo conto
No, uno stupido no, un idiota in compenso. L’hai trovata?
No ma quasi
A che pagina sei arrivato?
235.
Niente?
Niente.
Dai cazzo lascia stare!
No, devo.
Devi? Perché? Per cosa poi?
Devo.
No, devi dormire, questo devi fare.
Hai altre soluzioni?
Non conosco il problema.
Allora lasciami cercare.
Trovata?
Non ancora.
Pagina?
250.
Non la troverai mai.
Aspetta, dammi tempo…ci sono anni di roba.
Tempo perso.
Ci sono quasi, queste non  mi sono nuove…
Non ti serve a nulla, lascia stare!
Mi serve!
A cosa?
Non lo so…ma ci sarà un motivo se…
Se?
Nulla. Devo trovarla, è qui da qualche parte.
Tutto questo non ha senso.
Niente da fare.
Non è così che potrai trovare una soluzione.
Io detesto il natale.
Già.

Pensostrano.

Non sopporto l’idea di dividere con altri ciò che amo. Resti pure a guardare, ma non osi toccare.

Dolcemente complicata.

Inizio a pensarla diversamente sulle donne.

Sono più abili, questo è chiaro. Riescono egregiamente in tutto quel che fanno, questo prima o poi sarà di dominio pubblico, serve solo tempo.

Sono inevitabilmente bravissime anche a fare danni.
Una cazzata, quando ti rapporti con un maschio è una cazzata. Una cazzata, la stessa medesima cazzata, rapportandosi con una donna può divenire qualcosa di incredibilmente casinoso. Mica per caso agli uragani danno nomi di donna.

Quando una persona si convince tu la stia prendendo per il culo e nonostante ciò continua a illuderti che la vostra sia una storia fantastica, senza eguali, credo sia onestamente lei che sta pendendo per il culo te.
Dica pure che rigiro la frittata, posso farlo. Ho crepe sulle uova.

Faccia da poker, eh? Ma vaffanculo.

Fold.

Regina e buffone di corte.

Detesto il televisore perché mostra ciò che potrei essere, ciò che sarei se realmente lo volessi, perché mi illude che se, e se, e se. E se.

Finge. Convince chi lo ascolta che tutto sia possibile, che l’uomo abbia il potere di trasmettere, far conoscere, insegnare attraverso una scatola, che si fa sempre più sottile e ampia, quel che è giusto da una parte, quel che è sbagliato dall’altra.
Tutte stronzate.

Se c’è una cosa che amo per la sua semplicità, quella è il cesso. Si, detto proprio papale papale, quel buco ceramicoso dove ogni giorno innumerevoli esseri umani depongono le proprie scorie puzzolenti.
E lui ingoia, manda giù, fino a quando si blocca. A quel punto spurghi un po’ e la routine ricomincia.
Il cesso è una figura vera, reale. Puoi mettere un cuscino al posto della tavolozza, gliela puoi fare di marmo, d’argento, d’oro, ma il suo comfort rimane quello: l’importante è che mandi giù tutto ciò che ci versi dentro.

Puoi immaginare, tu che leggi, un cesso a forma di televisore?

Appare.
Appare sicuro di se. Appare intelligente. Appare dinamico. Quello che sa dirti qual’è giusto e qual’è sbagliato.
Che si professa come tale almeno.
Ingannevolmente bello fuori quanto sporco e puzzolente dentro. Pieno di merda.

Mi hanno, ma probabilmente mi sono, dipinto un po’ così. Come un televisore, di quelli vecchi però, che non vanno mai troppo bene.
Per maestri e professori sono sempre stato un elemento fastidioso, quello che "se si applicasse potrebbe fare molto, vista la sua intelligenza", parole di misura standard che tentavano di invitarmi a far qualcosa, ma che non sono mai riuscite nell’intento.
Per mia nonna, invece, ero quello che "fa discorsi da vecchio", che ti rispondeva come avesse esperienza nonostante altro non fosse che un bambino.
Per mio padre ero un coglione, questo bisogna ammetterlo. Troppo giovane per le sue esigenze, ancora fin troppo stupido per vivere nel mondo degli adulti dove lui aveva trovato radici. Fu forse l’unica persona sincera in quegli anni dove da destra e da sinistra mi lanciavano addosso speranze di miglioramento, di crescita, di maturità.

Mia madre rimaneva neutrale, un po’ da una parte e un po’ dall’altra a seconda dell’esigenza. Fondamentalmente in tutti questi anni ha sperato scattasse qualcosa, ma non ha mai trovato riscontri positivi. Si è arresa vedendo in me un completo fallimento quando s’è resa conto che a 20 anni sono ancora fermo alla 3a superiore e corro in lungo e in largo per racimolare giusto quello spicciolo che mi fa arrivare a fine mese stringendo i denti. Ancora spera in qualcosa forse, ma non metto in dubbio che possa rimanere delusa di suo figlio per l’ennesima volta.

Guardami, sono l’impersonificazione del fallimento, della sfiducia. Cattivo gusto, sapore acre da mandar giù il più in fretta possibile.

Mi hanno gonfiato di cazzate, regalato visioni di un futuro preso in prestito, da restituire con gli interessi. Un futuro non mio, qualsiasi esso sia.

E ora almeno una cosa, almeno una, devo riuscire a farla.

Non so neanche da dove cominciare.
Alla fine di tutto rimarrà una stanza piena, ma di scatole vuote. Non certo vuota con scatole piene.


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…e tutto il resto è marginale.

Ho la testa impegnata in altro, ho la testa impegnata in tanto.

Navigo nella merda sdraiato su di un lettino gonfiabile. Non riesco proprio a viverla più direttamente.

Ho lei e lei è il mio traguardo. Non i soldi, non il televisore grande e neppure l’Alfa 147. Lei.  Ne sento sempre più il bisogno.

So viel stress…

Ce l’hai un momento per me, Luna?

Senza cordone ombelicale.

Un giorno chi mi sta facendo del male capirà cos’ha perso.

Quando non sai cosa possa significare "famiglia", non te ne curi, ma quando di famiglie serene ne incontri una dopo l’altra allora si ti rendi conto che c’è qualcosa di veramente marcio.

Allora forse un giorno anche tu, che adesso mi porti a vergognarmi così di te e del tuo comportamento, capirai che avere accanto puttane bocchinare è meglio che vivere nell’idea di vita che ti sei predisposta grazie a un titolo di studio.
Quando inizierai a comprendere che in questo modo mi stai logorando dentro, che per questo tuo modo di essere un giorno mi perderai per sempre.

Quando sarai sola e avrai ben poco calore umano da spartire, lì io ti lascerò congelare.

E se mi cerchi e non sai dove trovarmi…

…significa che mi hai perso.

Trainspotting.

 

Choose life; choose a job; choose a career; choose a family; choose a fucking big television, choose washing machines, cars, compact disk players and electrical tin openers; Choose good health, low cholesterol and dental insurance; choose fixed-interest mortgage repayments; choose a starter home; choose your friends; choose DIY and wondering who the fuck u are on sunday morning; choose sitting on the coach watching mind numbing, spirit-crushing game shows, stuffing junk food into your mouth; choose rotting away at the end of it all, pishing your last in amiserable home nothing more than an embarassement to the selfish, fucked-up brats you spawned to replace yourself; choose your future; choose life.

Everybody loves to organize their life. They love their life, even if it’s a storage of shit. Even if they say they’d want to die. They don’t really want to die, they love to say it, but they want to live.

Until they die.

When it comes, it’s always too late to decide how to fix it. The problem.

The solution.

Fai il mio nome e non ci sono più.

Non so se sia così per tutti, chi prima chi poi, e francamente poco mi interessa se anche per altri è stato così. Per me è così.

Vivi la tua vita rincorrendo i sogni, vivendo di ricordi che pian piano stai dimenticando, un po’ come se la vita fosse possibile metterla in stand-by e riviverla quando si ha il tempo di godersela. Quando il capitolo lo si è letto e riletto fino ad averlo capito e ci si sente pronti ad andare avanti.

Poi, però, nel delirio ti rendi conto che non stai andando avanti, ma che piuttosto hai finito di leggere…e allora, per un po’, non vivi, non leggi, non ti fai leggere.

Sei convinto di sapere chi sei, chi eri e cosa potresti e vorresti diventare. Hai delle certezze, poche ma le hai, e delle domande, troppe ma utili a occupare il tuo tempo.
Tempo che si riduce parzialmente ad un banale conto alla rovescia.

Sai che soli è meglio e che tutto sommato su di te puoi contare perché, fino a prova contraria, è con te che avrai a che fare alla resa dei conti, alla fine del libro, al completarsi della tua storia.
Combatti la tua personalissima guerra contro i mulini a vento, ma senza Dulcinea e quando questa arriva, crei ogni volta un gran casino.

C’è una gran confusione generale. Più che credi sia tua più ti si infilano in mezzo altre persone a condividerla, a cercare di portartela via. A fartene sentire protagonista estraneo, talvolta addirittura di troppo.

Sei il diverso. È ciò che vuoi.

Poi un giorno ti svegli e devi veramente rifare tutto da zero, poiché tutto, anche i problemi, è cambiato. Tu sei cambiato, gli altri sono cambiati. Le cose, le case, il modus vivendi del loro mondo. Ti ci hanno cacciato dentro in quel mondo, il tuo è andato perso. Forse adesso ci vive dentro qualcun altro, ma non sei più tu.
Non sei più tu in tutti i sensi. Come quando si va a dormire e ogni verso è quello sbagliato, così che di dormire non se ne parla proprio.

E io mi domando se vale veramente la pena tornare indietro. Dopotutto qui non si sta così male.

Ti accorgi dell’errore solo dopo aver consegnato il compito.

Ah, giusto, il silenzio.

Siete tutti uguali voi maschi.

Lascia stare, Luca, ti stai facendo paranoie che non servono. È questo il motivo…oppure è il subconscio, che vuole impedirti che si ripeta la solita storia

Io la desidero sul serio. Solo che…beh…boh.
E adesso s’è messa a fare pensieri assurdi.
Ho paura che finisca per essere questione di orgoglio.
Ad ogni modo, risolverò il problema prima di quanto lei pensi.

Siamo tutti uguali noi maschi, no?

Remake

She’ll make your heart break
She’ll give you fever
She’ll tell you everything but don’t believe her
A perfect stranger
She knows the game
She’ll promise heaven on earth
But don’t believe her

Scorpions – Don’t believe her

She pretended to swallow. I knew the truth. I still know it.
Now that she’s gone, another one still tries to desease me.
Empty room, smoke, silence.
Va bene così, mi sento bene. Meglio direi.
My mom still says I’m running away.

Sacro e profano

Conteso tra sentimenti e vizi della carne.

Game over? Bah. No.

Do you believe in fairy tales?

Sei ciò che vuoi essere.

Diventerai ciò che vuoi diventare.

Vivrai come avrai scelto di vivere.

Sei tutto, sei niente.
Più cerco chi sono, più trovo chi prova a dare una risposta a questa domanda.

Sono molte persone che ancora tu non conosci.
Sono quel che è rimasto di ciò che ero prima e un po’ di quel che sto costruendo e sarò domani.

E adesso dove te ne andrai?
Sto qui, Stefan, ho un po’ di cose da mettere a posto qui. Mi sa che ormai, per un po’, qui ci rimango.

Ubriacati d’utopia si stava bene. Il passato un po’ lo si conosce.
Fate si che la mia realtà non sia poi così male.

C’è chi tornerà a leggere e chi a quel punto ricomincierà a scrivere.

Confusione fuori.

Sai ché? Io ‘sto post non so proprio come iniziarlo.

Stan cambiando tante cose, tante in meglio e ne sono felice. Però proprio non riesco ad esser soddisfatto della situazione.

Sarà che sono stupido, ma io inizio veramente a non capire più un cazzo.

E adesso?

Koru e fiamme.

Mario mi vede come un dio. Il dio fittizio e inventato che io gli ho presentato.
Dice "ricordo ancora quel che mi hai insegnato".

Francesca non riesce a vedermi. Le ho chiesto di fumarci una sigaretta insieme…ma non vuole. Non è ancora uscita dalla stanza in cui l’ho lasciata. Sono passati due anni, ma lei è ancor più fragile. Non l’ho aiutata quando mi chiamava…non sono stato capace.

A Francesca cola ancora il trucco quando pensa a me.

Su quante persone potrà lasciare il segno questo nuovo Luca?

Burn, babe, BURN.

Harf ha una ruota a terra. Harf ha anche il ruotino di scorta a terra. Harf è a terra.
Sei ciò che è rimasto di qualcosa che è andato perso, Mercedes. Sei qualcosa che rimane di qualcosa di scomodo, Harf.

"Fai ciò che devi
non guardare mai giù
perchè sei ciò che vedi
se c’è un senso sei tu
E tutto è tranquillo
intorno a te
Sei carne fresca
non so dirti perchè
Ma è dentro te che sei solo
E’dentro te che sei re
Tutto è calmo
intorno a te
Tutto è calmo
intorno a me."

Afterhours – Carne Fresca

C’è qualcosa di zozzo, mi ronza dentro e mi infastidisce, mi distrae.
It Smells Like a Rat, Give It Cheese.
"I miei errori, se permetti, son profondi cazzi miei
e tu ragazza con i tuoi confetti forse resterai,
resterai qui
a sognare errori per l’eternità,
a picchiare i muri, per venirne fuori
da questa realtà.
"

Marco Masini – Errori

Ho bisogno di distrarmi.

Chissà poi perché a volte si cerca di scrivere qualcosa e lo si cancella mentre lo si digita.

Chissà poi perché a contorcersi è la testa e a farmi male è la pancia.

Chissà poi perché ci penso così…

Cazzo.

Il circo è pieno di clown

Sono passati almeno 3 anni da quando ho scritto su carta l’ultima frase con la mia stilografica.
Credevo me l’avessero fottutta, ma è più probabile che io l’abbia persa chissà dove…

Ora ho una nuova stilografica. Certo è che non c’entra un beato cazzo con la precedente, questa è di plastica, però è pur sempre una stilografica. Un po’ come Harf è pur sempre una auto: le ruote girano? tutto ok.

Ho preso un foglio di carta e ho scritto "io sono Luca".

Fuori i clown, dentro i fantasmi.

Spengo una Black Devil e accendo una Marlboro rossa.

Il circo è pieno di fantasmi. La differenza non sta nel sapore.

Did you know him?

Puoi Volar Puoi Volar

Allora, me la approvi?
Si, è una bella ragazza…vive un po’ nel suo mondo
Beh anche io vivo nel mio, no?
Il tuo è utopia, non un mondo.

Ci sono dentro, dentro fino al collo. Mi fa pensare, mi fa penare, mi fa fermare per un attimo e poi ancora girare e girare girare girare.

Devo in qualche modo prendere il controllo della situazione, rendermi coscente che non c’è un vero e proprio traguardo e che se anche ci fosse sarebbe tuttora lontano. Però è così dannatamente brava a stordirmi.

Dio salvi la regina.

Harf è stata un fallimento dall’inizio. La voglia di un’auto, l’irrefrenabile bisogno di vedere aliCe, ma soprattutto la voglia di spendere come fanno i grandi, mi hanno portato a prendere il primo catorcio che mi è stato proposto.

Ho imparato ad amarla, nonostante tutto.

Lei è ufficialmente il mio primo amore. Sempre insieme, io e te 30.000km sull’asfalto(si, suona alla Moccia, è voluto).
Oggi mi ha fatto penare più del solito. Qualcuno ci vuole male, eh Harf? Può darsi sia il nuovo nome…ti rende più debole, forse un po’ fragile…decisamente meno sicura di te come quando ti chiamavo Mercedes.

A quanto pare il radiatore s’è rotto il cazzo di funzionare e così adesso la temperatura del motore sale con o senza vestiti addosso.

E così io, Teo, Thomas e la Maruja abbiam passato la serata a spingere correndo come dei pazzi per salir su alla prima discesa. Senza contare che m’avevan praticamente fottuto il portafogli mentre cercavo di salire…che grazie a un’improvvisata dose di fortuna è stato raccattato da persone oneste che l’han subito portato in questura senza neanche appropriarsi dei 5€ scarsi che conteneva. Dicesi C U L O.

Lo vedi? Facciamo tanto i grandi, abbiamo i soldi, abbiamo la macchina, abbiamo un lavoro che ci sfiacca i maroni ogni giorno della settimana…però siamo sempre dei Peter Pan…siamo bambini.
Ci siamo divertiti con poco stasera. Nella sfiga diventa bello ridere delle proprie disgrazie.

Per poi ritrovarci nuovamente in Golf, guardare Teo e dirgli "Siamo sempre i soliti alla fine…" "No, stiamo crescendo" "Ma valà, io sto ancora pensando a cosa farò da grande…e poi ha ragione Frah, sono un ’88 e giro coi ’90-’91…ti pare?" "Noi non siamo come gli altri ’88, ’90 o ’91, Luca."

Già.

Diciamocelo, però, più che un primo amore mi son ritrovato sotto il culo una vecchia suocera.
Pure stronza, aggiungerei.

Il mio traguardo.

Trovami un obiettivo, trovami un traguardo, una meta. Ponimi, se vuoi, la vita stessa come traguardo.

Farò di tutto per raggiungerlo, mi impegnerò affinché sia tutto collaudato e mi lancierò all’avventura. Quando poi sarà tutto finito, quando avrò i risultati del mio sforzo tra le mani, quando potrò vedere che a qualcosa sono servito…allora, solo allora, potrò ritenere d’esser stato utile.

Solo allora potrò concludere il mio viaggio.

Io non lascio le cose in sospeso, non io, non più.

Ripenso ad aliCe e avverto il peso del mio più recente fallimento.

Nemmeno un rimpianto

"Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile.

In questi ultimi tempi ho ripreso a studiare la chitarra. Mi ci sono dedicato praticamente tutti i giorni. Certo, non riprenderò più la mano che avevo a ventidue anni, però non la voglio mollare più, anche perché in fin dei conti è una buona compagna, forse una delle più fedeli. Se la molli un attimo ti fa subito i musi e ti manda a fare in culo, così sei costretto a dei recuperi umilianti, molto più umilianti di quanto si debba fare con le donne.

Io credo che il giorno in cui avrò paura della morte, e vorrà dire che ci comincio a pensare, sarà perché sono diventato finalmente adulto e allora questo significherà che sono prossimo a morire.

Ho più della mia età, ho avuto tempi di invecchiamento più corti della media, forse perché non ho mai rifiutato nessun tipo di esperienza.

Ho sempre impostato la mia vita in modo da morire con trecentomila rimorsi e nemmeno un rimpianto."

Fabrizio De André

And the light
Turn then off my friend
And the ghosts
Well just let them in
Cause in the dark
It’s easier to see
                                Savatage – "When The Crowds Are Gone"

Piangere…non è facile, eh?
O trovi un’alternativa come ho fatto io, o…beh…dai tempo a te stesso. Non pretendere troppo…