Le chiameresti coincidenze?
Un altro 14 Maggio, fanno 60 questo giro. Il varco tra la mezza e la terza età, benché c'è chi si ostina a posticipare. Ci prova, almeno.
Dall'ultima volta che entrai in una chiesa era passato molto tempo, quel tanto che ancora però non basta a farmela passare. Eppure tra tutti i giorni, proprio il 14 maggio.
Il motivo per cui ci sono tornato non ha niente a che vedere con la fede, questo me l'ha ribadito la rabbia e l'odio che ho provato fissando nuovamente quella croce. Che poi di colpe ne ha gran poche, ho capito poi, ma non passa. Se non accusassi quel Dio che tanto acclamano come onnipotente, se ci rifletto usando la ragione, mi sento solo più stupido per averci sperato davvero.
Mi sono trovato solo di fronte al catafalco e sono entrato nel panico, sotto lo sguardo di gran parte dei presenti, inerme. Indeciso se imbrattare quella sacralità della mia blasfemia, per rispetto verso chi, sdraiato nella cassa, accoglieva gli ultimi saluti, finendo poi con lo spostarmi da lì un po' con la vergogna ma sopra ogni cosa col senso di colpa.
Il prete parlava e i presenti seguivano e rispondevano alle preghiere. Io mi sono limitato ad alzarmi e sedermi con loro, la mia preghiera non l'ho rivolta al loro Dio, ma l'ho piuttosto trasformata in un pensiero di addio al defunto, cercando più possibile di farla sembrare tale. Carica della stessa sensazione di vuoto, ma manifestata in modo tutt'altro che consono alla circostanza.
Guardavo il padre di F. pensando che è per suo padre che era lì. Che suo padre era lì dentro.
Mi è passato per la testa che delle persone a cui ho detto addio, addio per sempre e non un arrivederci prolungato, solo mio nonno mi ha avuto vicino in quel momento. Mio nonno che un po' mi fu padre.
Non è come non aver partecipato a un compleanno o aver dormito la notte di capodanno, la mancanza è reale. Soprattutto se la stessa persona che l'ultima volta aveva ricambiato il mio sguardo, seppur faticando a riconoscermi, adesso non posso che guardare dal fronte di una lastra di marmo, o meglio di una foto.
Non mi piace la morte, è una di quelle risposte che lasciano in sospeso troppe domande.
Avrei preferito festeggiare un compleanno, anche se solo in tre e senza torta. Magari con un piatto di pasta al pesto, che mia madre sa farla bene, mica coi sughi pronti.
Tanti auguri Gino. Ancora qualche anno dai, che la pensione arriva. Che poi avremo un sacco di tempo per stare insieme io e te. Che poi magari mi porti ancora a sparare alle lattine nel prato sotto casa, anche solo guardandomi dal balcone se ti farà ancora male stare giù con me. Però se usciamo di casa ti porto dove vuoi, perché adesso ho la macchina, sai, posso guidare io…
Andiamo a Parigi, questa volta al Louvre, non mi interessa Disneyland. Raccontami ancora la storia, insegnamela perché mica mi entra in testa, lo sai, sono un testa dura.
Poi, però, la sera ci sediamo in sala, al tavolone nero di pelle sotto il quale da piccolo giocavo con Rexy e Terry, i due pastori tedeschi che scorrazzavano per casa. Ci accendiamo una sigaretta e ci facciamo una chiacchierata, che di cose da dirci ne abbiamo un sacco. Che mi manca anche solo sentirti dire cazzate. Che ti voglio ancora bene, ma proprio tanto.