aside 30/06 2012

    C’era una volta un re.

    C’era una volta un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva: “Raccontami una storia”. E la serva incominciò.
    C’era una volta un grande re, che governava non da un trono: da un sofà. E questo grande re aveva una vecchia serva, capace di inventare le fiabe. Una sera, stanco, le disse: “Raccontami una storia”. E la serva incominciò.
    C’era una volta un re grande e potente, ormai anziano. Egli governava il suo popolo con mano sapiente e mente illuminata, tanto da aver rinunciato da tempo al suo trono ingioiellato. Al suo posto, nella sala delle udienze aveva adagiato un comodò sofà: ormai vecchiotto anche lui, ma era il posto migliore per posare le regali terga, ed ascoltare quelli che gli chiedevano udienza. Il grande re potente aveva, come grandissima amica, una vecchia serva che era stata con lui fin dai tempi dei tempi, sempre. Una sera, stanco dopo una lunga giornata di estenuanti trattative e petulanti petizioni, le chiese, con un po’ meno garbo del solito: “Raccontami una storia”. E la serva incominciò.
    C’era una volta un grande re, potente e saggio, che vedeva i suoi giorni ormai diventar sempre più lunghi e grigi, tanto era vecchio e quasi svuotato d’ogni sua forza di vivere e comandare. Egli aveva sempre governato il suo buon popolo con grande giustizia, con mano sapiente, con illuminata saggezza e con la forza necessaria a mantenere l’ordine, mai di più. Era un re umile ed umano, che non desiderava dare inutile sfoggio di viana ricchezza o presuntuosa superiorità: la sua dimora non era poi tanto diversa dalle case dei suoi comuni cittadini, e riceveva ambascerie e richieste e preci e delegazioni nel suo salotto privato. Soleva offrire, a chiunque gli si parasse davanti, tè e pasticcini danesi al burro: dal primo ministro della nazione nemica all’ultimo contadino della provincia più lontana. E faceva accomodare il questuante, di qualunque estrazione si fosse, al suo fianco, su un comodo sofà un po’ sfondato, mezzo sfilacciato, ma era il posticino più accogliente di tutto il regno. E quando veniva sera, il re si ritirava nella medesima stanza dov’era stato tutto il giorno, ma si premurava di chiudere per bene le porte alle spalle dell’ultimo uscito, perché il prossimo entrasse solo con il giorno nuovo. Non dimenticava mai, però, di far accomodare una sua carissima amica di vecchissima data: un’anziana serva, malconcia e zitella, ma dotata dell’enorme potere che al grande re mancava, e se ne crucciava. Costei aveva in sé la magia di saper tessere le storie, come le altre serve avevano l’abilità di tesser tele sul telaio, con la stessa facilità. Quella sera il re, però, era oltremodo provato da una giornata più dura e diffcile del solito: allungò anche i piedi sul sofà, occupandolo tutto, ed indicò alla serva il piccolo sgabello scomodo che, normalmente, era riservato ai clienti meno graditi. E con voce un po’ troppo tonante persino per le sue stesse intenzioni, intimò alla serva: “Raccontami una storia”. E la serva incominciò.
    C’era una volta un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva: “Raccontami una storia”. E la serva stette zitta.
    Perché anche le serve si stancano e si offendono, se non le si tratta con bel garbo. E ci hanno pure ragione.

    Luca Zambonelli

    Mi piaccion le fiabe.

    Mi insegnasti la fiaba, allo stesso modo di come appresi la notizia. Di cose belle, di cose brutte.
    Talune da ricordare, per addormentarmi, altre tento di dimenticare di giorno, che mi sveglian la notte.

    aside 28/06 2012

    Non è ancora il tempo.

    Casino.

    aside 23/06 2012

    Non mi interessano i bollini della spesa.

    Io mi basto. Finalmente.

    Bugia.

    Sarà che inizio a non fidarmi, che alla fine inizio a fidarmi di me.
    Che tanto le cose cambiano, il karma gira, io cambio. Che tanto sarà tutto da rifare, a pochi mesi da qui.
    Che quel che conta adesso sono io.

    Ho questo bisogno di proteggere.

    Le telefonate, la confusione, il senno di poi, le persone. Nulla mi tange.

    I pensieri, quelli un po’ sì.

     

    aside 10/06 2012

    Verità o penitenza.

    “Qual è la tua paura più grande?” “Essere dimenticato.”
    “Vabbè, è passato meno di un anno, è normale.”

    Meno di un anno? Ma che diavolo vai pensando? Sono passati 12 anni. 12.

    “Lui nasconde qualcosa”
    “Ma chi, Luca? Non è proprio vero, è che le domande gliele devi fare giuste.”

    Poi arriva il turno di Fabiana. “Come stai?”
    Domanda semplice, come stai?
    “A me non piace proprio questa domanda.”

    video 05/06 2012

    “Come se mi sognassi in un tremendo sogno
    che non mi sveglio mai
    e ricomincia sempre
    da dove non ci sei.”

    Dove non ci sei tu, dove non c’è nessun altro. Solo. Con la mia camicia bianca, aperta nei bottoni alti, l’orologio, il BlackBerry, un tavolo per uno nella terrazza di un ristorante.
    30 anni buttati.

  • Parole. Sono tutte parole.

    • No soy extraño. Sólo no soy normal. – Salvador Dalì
    • Ты дала мне два дела
    • Che diavolo significa che avevo un bar?!
    • Dove diavolo sei, Carmen Sandiego?
    • L’essenziale è invisibile agli occhi
  • Roba buttata a casaccio.

    • Odi et amo
  • La gente dice, la gente pensa.

    • Giovanni on Il mio destino è vivere balenando in burrasca
    • LogorroicaMente on Come una goccia che scivola sul vetro.
    • LogorroicaMente on Sarai sempre il più bel posto dove rifugiarsi per poter credere che tutto andrà bene.
    • Pece on La prossima mi viene meglio.
    • chand on L’amore sta nelle case in rovina
  • Domani metto in ordine.

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