Mi sbagliavo, un’altra volta. Faccio spesso l’errore di ascoltare i miei impulsi, il mio pensiero è il mio primo confidente, mi viene naturale ascoltare e seguire i consigli che mi da a pelle, a primo impatto, a sensazione. Ma sbagliavo su Parigi.
Con questa città ho un debito impagabile, un rimorso antico che non mi abbandona. L’ho messo nella non troppo ampia lista di cose da ricordare e non si smuove, evita il flusso di riciclo cui la mia memoria breve non mi concede di rimediare.
Resta lì, bussa ogni tanto nelle tempie, insieme ad altri che non sono stato in grado di lasciare andare.
Anni fa, secoli fa, mi portarono a visitare Parigi. Dico di aver visitato Parigi, ma in realtà li obbligai ad assecondare il mio infante egoismo, che trascinò mia madre con me a Disneyland Paris, il sogno di ogni bambino. Mi rifiutai di scendere a qualsiasi patto, volevo andare lì e lì soltanto. Louvre, Arco di Trionfo, Tour Eiffel, Notre Dame, Sacro Cuore, Moulin Rouge e Champs-Élysées non mi interessavano. Mi opposi con insistenza e mi accontentarono. Dannati bambini, piangono sempre, fanno confusione, tengono il muso. Dannato bambino, non pensa che a giocare. Dannato bambino, pensa solo a se stesso.
Mio padre il Louvre non l’ha visto mai. Lo guarderà nei miei occhi, nelle mie foto, nella mia mente, ma non l’ha mai visitato e lui è uno che conosce anche il colore delle mutande di Napoleone. Lui è uno che di storia e arte ne sa a bizzeffe.
Se non lo visitò allora fu per colpa mia.
Su Parigi mi sono dovuto ricredere, capisco perché i francesi la amino a tal punto. È una miscela, è falsa, sacra e profana, un po’ mamma un po’ puttana.
Il mio amore per Notre Dame si è limitato al suo esterno. I Gargoile, la statua di Giovanna D’Arco(quella che arsero viva sul rogo e che adesso chiamano SANTA Giovanna D’Arco, per intenderci), i negozietti all’interno e i prezzi fissati per le offerte ne fanno qualcosa di decisamente fariseo e limpida immagine di una chiesa aziendale, attenta a remunerare su qualsiasi cosa.
Di solito non visito l’interno delle chiese, come non entro nei bagni delle donne, mai. Qui però è diverso, ho conti in sospeso.
Ho visitato anche la chiesa del Sacro Cuore, sì, che secondo me dev’essere stata nominata per inneggiare al cuore di coloro che si fan tutti quei gradini per visitare una chiesa. Che di fatto è una chiesa, punto. Come Notre Dame, dopotutto, che è una chiesa. Punto.
In entrambe niente di più, qualcosa di meno tutt’al più.
Mi ha conquistato mentre eravamo soli, non prima. Un po’ per volta, mentre mi tuffavo dentro ai vicoli imbucati nei dintorni di Notre Dame, subito dopo il ponte, alla ricerca di una libreria che non sono stato in grado di trovare. Soli io, lei e le mia musica nelle cuffie.
Mi sono innamorato, ma non senza lucidità, resto sveglio e ne riconosco difetti che ci impedirebbero di andare oltre. Diciamo che più che compagna è una amante, un po’ perversa se vogliamo. Una suora con le giarrettiere.
Non siamo troppo diversi dopottutto. Un po’ bugiardi a volte, per non capire neanche noi quel che veramente siamo. Indossiamo una magia che come sarti esperti ci siamo cuciti addosso, per paura di non restare nudi sotto, senza nome, senza senso.
Siamo legati, per quanto io possa perdermi, qui prima o poi ritroverò la mia strada.