Ho rivisto zia Maria. Erano almeno 13 anni che non passavo a trovarla, c’era ancora zio Tommaso.
Andammo lì con i nonni, io e mia cugina, e giocammo con le sue nipotine mentre i grandi parlavano ore ed ore. Le nipotine adesso sono grandi, la più piccola ha 17 anni e non ricorda di avermi visto mai. Io, figurati, con la memoria che ho non ne rammentavo neppure il nome.
Quando parla le si illuminano gli occhioni chiari, tondi si allargano e sorridono elettrizzati. Occhi che hanno visto 82 anni di cose scaturiscono la voglia di raccontarle.
Poi la saluti e lei dall’uscio urla “và chian’! E torna, eh!”.
Se ne torna sola in casa, gli occhi di nuovo piccoli, costretti a rimembrare il via vai di quelle stanze e quanto più era coltivato l’orto quando lo curavano in due.
Zia Zelinda è più tranquilla, non aspetta visite come la sorella. Lei che un po’ s’è stufata di guardare la televisione perché tutte ‘ste parolacce inglesi non le capisce.
Abbiamo guardato insieme quel film con Alessandro Siani, “Ti lascio perché ti amo troppo”, emozionandoci su una scena che in verità con la trama centrale aveva poco a che fare. Aveva a che fare coi ricordi, però.
Di ricordi le zie ne hanno tanti.
Mi parlano entrambe di come mio nonno fosse uno sciupafemmine…sarà che crescendo con 5 sorelle, sulle donne di cose ne aveva imparate. Vorrei confessare loro che tante cose le ho imparate da lui e tutte funzionano ancora. I geni, in fatto di numero d’esperienze, mi concedono un discreto curriculum, ma non è questo che mi piace aver imparato da lui, quanto più la qualità nel rapporto in sé. Che poi, posso parlare dell’atto pratico, perché di come stare a fianco a una donna, di come prendersene cura in una relazione, di come amarla, non mi insegnò granché.
Chissà se ne conosceva i segreti.
Approfitterò della mia permanenza qui per godere di questa famiglia che mi ero perso dietro, che come niente fosse mi accoglie come membro integrante. Ne sono parte più di quanto credessi.
Il sangue non è acqua, ripete zi’ Zelinda.
E dire che ci abbiamo provato ad essere una famiglia anche da soli. Ce l’avevamo dietro l’angolo, è la grandezza dell’angolo il problema.
4 Comments
Anonymous
Ho notato una ragazza, quest’oggi. Il parco ducale della mia città è grande, chiariamoci, ma vedere come se ne stava in silenzio ad ascoltare ciò che la circondava è stato emozionante e allo stesso tempo terrificante. Chiamiamolo pure “sublime”, nel senso artistico. Quella ragazza sembrava persa in pensieri che chetavano il suo animo, eppure quel suo silenzio, quel suo stare da sola ad occhi chiusi ha attirato la mia attenzione.
Non ho resistito alla tentazione di avvicinarla. Ti somiglia molto, in quanto a pensieri. E’ stata più lei la mia famiglia oggi che la mia vera famiglia in tanti anni.
2 May
phaberest
Io con le famiglie non ci so fare...le cerco di continuo perché la mia è un casino e non so neanche più quale sia.
La mia prima vera famiglia è stata quella della mia ex ragazza. Vera nel senso che ha tutto quello che una famiglia deve avere, sostanzialmente quelle persone che ti fanno sentire al sicuro, che ami e che ti fanno sentire a casa. Che di questi tempi non è facile, sono sempre in corsa e passo più tempo con la mia auto che con persone vere.
Dico di questi tempi perché il mio lavoro mi aveva strumentato così, ma in realtà c'è stata in mezzo una spanna di convivenza in cui una piacevole illusione mi faceva pensare di aver contribuito io stesso ad una situazione in cui "famiglia" calzasse bene.
Insieme è meglio.
Sta di fatto che sulla famiglia e gli affetti in genere ho ancora parecchio da apprendere.
Davide
in + ogni angolo ha il suo spigolo…
3 May
phaberest
...e smussarlo è un casino. :D
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