Sono le quattro del mattino e io mi sto lasciando divorare dalla gelosia.
Non so in realtà se sia giusto chiamarla gelosia, in effetti no. È la mera consapevolezza di aver perso la propria compagna e che adesso lei chiama e viene chiamata amore da un “amore” che non sono io, e che se parla del “suo ragazzo” non sta parlando di me.
Divento così quando subentra la ragione, per assurdo.
La ragione mi porta a pensare che è stupido pensare che quando tornerò, tra 4 mesi, lei sarà disposta a tornare da me, come anche sarebbe stupido che io mi facessi calpestare il cuore in questo modo, rimanendo nel “forse quando tornerai, se ci sarà ancora interesse, forse. Vedremo.”
Un mese fa non lo conosceva affatto, non si erano mai sentiti, lui per lei era solo un mio amico. Ero io quello che lei voleva e io non le davo la giusta importanza, io semplicemente non c’ero, non ero lì. Ero completamente assente.
Adesso sono qui a domandarmi quante volte lui dorme in quello che era il nostro letto, quanto e dove tocca la donna che amo, quante volte la chiama amore, quante volte la bacia, quanto lei inizia piano ad amarlo e lasciare me nell’angolo.
Adesso sono qui a stringere il pupazzo che mi regalò anni fa e mentire ai sensi fingendo che quello che stringo al petto sia una parte di lei, sia come fosse lei, sia lei.
Sono qui a ripeterle che sono quell’uomo che voleva e a pregarla di lasciarsi amare da me.
Sono qui a cercare una cura e inizio piano piano ad odiarla per quello che mi sta facendo. Per quello che provo.
E intanto venderei l’anima per un suo bacio.
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