Fare ordine crea disordine.

Il brutto di quando ti prepari a lasciare una casa è che pian piano la svuoti rendendola sempre più simile a quando la riempivi.

Sembra quasi di esserci appena entrato, tornano alla mente i pensieri e gli obiettivi che ti sei posto ed è normale fare la scaletta di quanti ne hai raggiunti.
Ti ricordi che eri qui, da solo, in una città nuova. Cerchi di fare contatti, nuovi amici, ti inventi come occupare le tue giornate.

Le tende bianche e la stanza in ordine fan sembrare questa casa una reggia.
L’avevo scelta per questo.

Spazio.

Incessante bisogno di spazio.

Tornavo da Pompei con un lavoro che non era un vero lavoro, una vita sociale che non era una vera vita sociale e con dei progetti che nel corso di questi tre anni avrò rielaborato una quindicina di volte, senza mai rileggerli. Ero un sacco di cose che non erano veramente quel che sembravano.

Camminavo lungo questo balcone, ampio e mai una volta colpito dal sole. Le sigarette scandivano il tempo, mentre non avevo bene idea di cosa avrei fatto di lì a poco.

Adesso ho quattro letti sui quali dormire, in quattro luoghi diversi, e cerco di non chiudere occhio per non dover pensare a quale di questi scegliere per questa notte.

Acse è la mia costante. Sei anni.
Mi basti pensare che sono dove è lei e che si porta dietro, in modi diversi, tutti i significati che la rendono importante. Mi aiuta a ritrovarmi.

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