A storm in a teacup.

La domanda che ti fanno più spesso quando sei in un posto che non è casa tua è da dove vieni. So una sega io, rispondo.

Sono nato a Trento, ma non ho etichette sul corpo che lo confermino. A Trento ci ho solo lavorato. Vissuto mai. Non sono propriamente trentino, ci sono solo nato in Trentino, per qualche ora soltanto.

Ho vissuto in tante città e da tutte ho preso un pezzo, ma nessuna, neanche Prato, mi definisce. Ne sono parte e lei è parte di me, ma non siamo che inestricabilmente collegati da una moltitudine di ricordi, più tutte quelle cose che non ricordo che son quelle che mi piaccion di più perché la volta che balzano alla mente son quelle che mi godo di più.

Ho visto tanto e voglio vedere tanto. Non sono quel tipo di persona che ama la scurezza dei confini, del territorio. Lascio certe cose alla politica, a me la politica proprio non piace. Ne parlo un sacco, ma è perché non mi piace.

Mi piace quando mi chiedono che lavoro faccio, anche se non so per certo neanche quello. A me piace parlare, un casino, parlare un casino di un casino di cose. Del mio lavoro, della politica del lavoro, del lavoro in particolare.

Mi piace perché potrei essere chissà dove domani e non mi interessa.

Credo che nella vita si debba vivere più vite possibili, che sia proprio il caso di provarci. Il mondo è gigante e io il mio posto non l’ho ancora trovato, ma credo che il mondo stesso sia un buon inizio.

Non sono mai stato in gamba nei sentimenti. Mi lego tanto alle persone, è vero, ma più a quelle che sono capaci di andare avanti senza di me e chiamarmi solo se hanno bisogno, che poi proprio quelle che di me non hanno bisogno quasi mai sono quelle che quella volta che chiamano mi vedono scattare come una molla nella loro direzione, no matter what.

Mi piace stare da solo. Non avere bisogno di nessuno, parlare una lingua che non è la mia e mettere le scarpe rosse con la maglia grigia, i pantaloni blu e la felpa nera che proprio a guardarmi fanno a cazzotti. Mi piace perché non lo facevo da un casino e non me ne frega proprio un cazzo, per dirlo in inglese.

Sono in una situazione un po’ del cazzo. Sto dormendo su un letto che molto probabilmente ha le pulci(non in senso figurato) e mi sta facendo venire delle strane eruzioni cutanee che fan pure un po’ schifo, sono allergico al pelo di gatto e ne ho due che praticamente mi dormono addosso e sto mangiando roba che mi fa pensare alla pizza del tizio sotto casa che si ravanava il pisello mentre me la cucinava come una leccornia dalla singolare pulizia, praticamente sterilizzata. Faccio ogni giorno ore di autobus e ogni volta mi incasino per trovare la fermata che cerco. Piove tutti i cazzutissimi giorni e a tutte le cazzo di ore, sempre. E fa freddo, persino al 14 agosto fa un fottuto freddo della madonna.

Ho iniziato a pensare che questa sia una delle esperienze che più avrò gusto a raccontare, quindi inizia persino a piacermi.

In questi periodi stacco da quel che lascio a casa. O ci provo, at least.

Non è qualcosa che faccio apposta, ma cerco di arginare ciò che mi crea stress. Ciò che alimenta il mio bad mood e mi fa rendere conto di aver sputtanato soldi per essere in un posto di merda a soffrire connessioni persino più lente di quelle italiane e patire un weather che sembra impegnarsi affinché io mi penta con tutto me stesso di non aver portato con me vestiti invernali. Che poi non avrebbe avuto un cazzo di senso, perché per un quarto d’ora al giorno c’è il sole e inoltre qui tengono accesi i termosifoni a palla, quindi sarei morto di overheat.

Io capisco tutto, ma non sono proprio fatto per quel genere di cose. Mi dispiace, perché mi sarebbe piaciuto essere il tipo di persona sentimentale cui mancano le persone.

Ora come ora non mi manca neanche la persona con cui passo inevitabilmente tutte le giornate. Me.

Leave a Comment

Posting your comment...


(Necessaria affinché il commento non sia considerato spam)

Subscribe to these comments via email